Dalla Maserati alla Mercedes, dalla Ritmo alla Rolls Royce. E soprattutto, la mitica Mini Turbo De Tomaso: la capostipite di tutte le commedie natalizie, che compie quarant’anni, è un vero graffito della società degli anni ’80, in cui le automobili la facevano da protagoniste. Ecco il parco auto del cinepanettone più amato dagli italiani.

“Vacanze di Natale” compie 40 anni. Era il 22 dicembre 1983 quando questa commedia dei fratelli Vanzina usciva nella sale. Un successo travolgente, che ha dato il via al genere cinematografico dei “Cinepanettoni”, anche se nessun altro film di quel filone è mai riuscito a raggiungere il livello e il successo di questo capostipite, divenuto per varie ragioni un “cult”, apprezzato anche dai giovani che in quel 1983 non erano ancora nati. I motivi? Beh, Vacanze di Natale è un formidabile spaccato della società italiana degli anni ’80, forse il manifesto più nitido di vizi e virtù di quel decennio. Nessuno ha mai saputo descrivere meglio il clima che si respirava in quegli anni floridi e spensierati. Merito di una colonna sonora eccezionale, di un cast di attori di livello, ma anche… delle automobili! Già, perché nel film sono presenti auto iconiche di quegli anni. Per noi di AutoCapital, rivedere quella pellicola è come fare un salto anche nel nostro, di passato: erano quelli gli anni in cui AutoCapital si era affacciato prepotentemente alla ribalta editoriale, prima rivista italiana a parlare di auto storiche e in generale di auto “belle”, e a considerare l’automobile uno status symbol. Le auto presenti nel film erano quelle che la nostra rivista descriveva abitualmente ai propri lettori, con uno stile e un’enfasi figlie dello stesso clima che traspare da quella pellicola: si può dire che Vacanze di Natale e AutoCapital siano due simboli degli anni ’80.

Ma vediamo nello specifico le auto presenti in Vacanze di Natale, che appaiono nelle prime scene del film, come biglietto da visita dei personaggi in arrivo a Cortina:

 

MASERATI QUATTROPORTE

Quattroporte Covelli

Il film si apre con l’arrivo a Cortina della famiglia dell’avvocato Covelli di Roma, a bordo di una Maserati Quattroporte di colore argento, con tanto di portasci sul tetto. La Quattroporte III (AM 330), presentata nel 1976 e commercializzata dal 1979, era l’ammiraglia italiana per eccellenza, tanto che proprio nel 1983, anno di uscita del film, era stata adottata dal Quirinale come auto presidenziale. Disegnata da Giugiaro, era mossa dal glorioso V8 aspirato a carburatori che negli anni precedenti aveva equipaggiato le più importanti gran turismo Maserati, e che con 280/300 CV la rendeva la berlina più potente e veloce su mercato. Inoltre aveva interni che erano un trionfo di pelle e legni, secondo la migliore tradizione artigianale italiana. La scelta di quest’auto era particolarmente azzeccata, in quanto calzava perfettamente con l’immagine aristocratica del personaggio dell’avvocato Covelli (interpretato da Riccardo Garrone), ma anche con la sua “romanità”: infatti la Maserati Quattroporte, nelle sue varie generazioni, ha riscosso molti consensi tra la borghesia capitolina (rimanendo in tema cinematografico, come non ricordare quella di Alberto Sordi nel Dottor Tersilli?). Così come Cortina d’Ampezzo è da sempre la meta invernale preferita di una certa “Roma bene”. La Quattroporte III sarà prodotta fino al 1990 in 2145 esemplari, e sarà immortalata in altre famose pellicole di quegli anni, anche hollywoodiane: da “Rocky III” a “La Mosca-The Fly”, fino a “Il Padrino-parte III”.

Quattroporte - (berlina 5 posti) Carrozzeria Italdesign Prototipo pre-serie.

Quattroporte (berlina 5 posti) Carrozzeria Italdesign

Peraltro, al seguito della famiglia in Maserati viaggia la servitù filippina, a bordo di una Mercedes Classe G, che all’epoca era sul mercato da pochi anni ed era vista come un solido fuoristrada, ma certo non aveva ancora l’aura di mito che si è conquistata in seguito, fino a divenire il veicolo di lusso che è oggi.

Parte della trama del film è giocata sulla dicotomia “romani di rango sociale elevato” (i Covelli) vs “romani di borgata” (i Marchetti). Questi ultimi, il cui capofamiglia è interpretato dal mitico Mario Brega, giungono a Cortina a bordo di una più modesta Fiat Ritmo, tipica auto dell’italiano medio di quegli anni.

 

MERCEDES-BENZ 500 SEL

Mercedes

A fare da contraltare alla borghesia romana, non poteva mancare quella milanese (nel film tuttavia non vi è il cliché della rivalità Milano-Roma dei cinepanettoni successivi), con il bravissimo caratterista Guido Nicheli detto “il Dogui” nei panni di Donato Braghetti, ricco marito di Ivana, una Stefania Sandrelli al top della bellezza. Nicheli reinterpreta il classico personaggio del “cumenda” in una versione più brillante e giovanile, anche un po’ “baùscia” se vogliamo, adattandolo ai più dinamici anni ’80. E anche in questo caso il biglietto da visita è l’auto: una Mercedes 500 SEL (W126). Ottima scelta da parte degli sceneggiatori, in quanto la Mercedes Classe S (insieme alla coupé SEC) era l’ammiraglia prediletta della borghesia meneghina, in quegli anni e non solo, e si adatta perfettamente al personaggio di Braghetti. Il quale, per tutto il film, mostra di essere un fanatico delle auto: dapprima vantandosi del tempo (2 ore, 54 minuti e 27 secondi) impiegato per il viaggio da Via della Spiga all’Hotel Cristallo di Cortina, aggiungendo la celeberrima (e, a quanto si dice, improvvisata) battuta “Alboreto is Nothing!”; e poi raccontando delle pregresse paranoie nella scelta dell’auto, indeciso tra Alfetta Turbo e BMW iniezione (“Cambiar car è una scelta di vita, believe me!”). La frase sul tempo di viaggio riflette quello che era un vanto tipico degli automobilisti anni ’80, i record “da casello a casello” (ai quali AutoCapital dedicava appositi articoli): un’usanza oggi desueta, tra traffico e tutor vari. Qualcuno si è perfino prodigato nel calcolare la reale credibilità di quella boutade, che avrebbe comportato una velocità media di 140 km/h, sicuramente difficile, ma in fondo nemmeno impossibile da tenere in quegli anni. Decisamente meno credibile, invece, il finale “automobilistico” del film, in cui Braghetti incolpa la Mercedes dell’incidente occorsogli, dicendo che sono venuti a mancare i freni sul bagnato: in realtà, nel 1983 la 500 SEL era una delle pochissime auto già dotate dell’impianto antibloccaggio ABS, e di conseguenza una delle migliori sul mercato a livello di sicurezza attiva e frenata sul bagnato. La serie W126 è stata la “Sonderklasse” più di successo dell’intera storia Mercedes, con quasi 900.000 esemplari prodotti dal 1979 al 1991, un dato mai più eguagliato, e nemmeno avvicinato, da nessuna Classe S precedente e successiva. Anche in questo caso, quindi, ci troviamo di fronte a un vero simbolo degli anni ’80, una colonna portante della storia Mercedes.

Mercedes 500 SEL

 

MINI TURBO DE TOMASO

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Ma l’auto più iconica di Vacanze di Natale è un’utilitaria di poco più di tre metri di lunghezza: la Mini Turbo De Tomaso, versione pepata e sovralimentata della Mini Tre Cilindri della Innocenti. E’ il mezzo con cui, sulle note di “I like Chopin”, entra in scena Billo, il pianista playboy interpretato da Jerry Calà. Montone, Ray-Ban a specchio e Timberland, Billo è un manifesto dello stile anni ’80, che anticipa la moda dei Paninari. E anche in questo caso, la Mini Turbo è l’auto ideale per il personaggio, perfetta interprete della moda delle “mini bombe” che imperversava in quegli anni, utilitarie leggere e veloci che erano la scelta preferita dei giovanissimi e degli scapoloni. Una tipologia di auto oggi quasi sparita, ma molto in voga negli anni ’80. Comunque, la macchina di Billo è diventata un vero mito per i cultori del film. Non è esagerato dire che la Mini Turbo deve gran parte della sua fama proprio a Vacanze di Natale: se i giovani di oggi conoscono quest’auto (espressione di due marchi scomparsi da tempo come Innocenti e De Tomaso), che con ogni probabilità non hanno mai visto dal vivo su strada, è grazie agli spezzoni di questo film che vengono costantemente riproposti sui social. I più attenti, poi, non hanno mancato di notare come nel film l’esposizione mediatica della Mini Turbo De Tomaso si vada a sommare a quella di modelli Maserati (oltre alla Quattroporte dell’avvocato Covelli si intravede anche la Biturbo del figlio Roberto, interpretato da Christian De Sica), facendo ipotizzare buoni rapporti tra la produzione e il gruppo GEPI-De Tomaso (che allora controllava appunto Innocenti e Maserati) o qualche suo concessionario. La Mini Turbo, che pur essendo prodotta dall’Innocenti portava orgogliosamente i marchi De Tomaso, montava un tre cilindri di origine Daihatsu da un litro di cilindrata, sovralimentato con una turbina IHI, che la rendeva la più piccola turbo sul mercato. Grazie a questo motore spinto (72 CV) e al peso leggero (780 kg), vantava un ottimo rapporto peso/potenza, con prestazioni (10 secondi sullo 0/100 e 165 Km/h) soddisfacenti per l’epoca, che la rendevano molto divertente da guidare, una sorta di go-kart grazie alle dimensioni compatte, ponendosi come alternativa alla più popolare A112 Abarth. Gli interni erano molto curati, da piccola Biturbo. E’ stata prodotta fino al 1990 in circa 6000 esemplari, pochi dei quali sono sopravvissuti all’aggressione della ruggine e all’uso sconsiderato dei secondi-terzi proprietari, che non erano più playboy e paninari, ma tamarri di periferia. Pertanto oggi è ricercata sul mercato collezionistico, e le sue quotazioni si sono alzate parecchio: i rari esemplari in ottime condizioni si scambiano a cifre comprese tra i 10.000 e i 15.000 €. Billo, in fondo, ci aveva visto lungo…

ADV Mini Turbo

 

In una delle locandine del film, appare anche una Jaguar XJ6, che però nel film risulta inquadrata solo per una frazione di secondo. L’ammiraglia inglese completa il trittico di berline di lusso (Mercedes, Maserati e Jaguar) che contribuivano a creare un’ambientazione tipica della Cortina di quegli anni, meta di un turismo benestante che, lasciati alle spalle i difficili anni ’70, aveva voglia di ostentare il proprio stato sociale con status symbol come le auto di lusso.

Jaguar JPEG

 

Ma, paradossalmente, l’auto più lussuosa di tutto il film appare nelle battute finali, quando il nuovo fidanzato di Samantha (Karina Huff) si presenta a prenderla a bordo di una Rolls Royce Silver Shadow: di fronte a 4/4 di pura regalità britannica, la pur rampante borghesia italiana passa in secondo piano, come i personaggi politici dell’epoca di fronte alla maestà della Regina Elisabetta, forse l’unica icona degli anni ’80 a essere giunta fino ai nostri anni.

Rolls Royce

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