L’ultima versione, DS 23 Pallas, è la più ambita dai collezionisti perché unisce l’innovazione alla classe e all’esclusività. È la summa dello sviluppo durato vent’anni della berlina francese dalla linea immortale. Montava un 4 cilindri di 2347 cc con 141 CV

Considerata dagli esperti una delle tre auto più significative di tutto il secolo scorso, la Citroën DS, presentata al Salone dell’auto di Parigi nel 1955 e prodotta l’anno successivo, oggi festeggia i 60 anni. Talmente originale che le varie versioni sono restate sempre fedeli alla linea inconfondibile e innovativa dal punto di vista meccanico, era la vettura preferita da professionisti di successo, come imprenditori, medici, commercianti e industriali.

Lo conferma la DS 23 Pallas “Injection” fotografata in questo servizio: è appartenuta a Gennaro Auricchio, fondatore dell’omonima azienda casearia, il quale l’acquistò nel 1974. Oggi è passata al figlio Alberto, il quale la conserva con grande cura in quanto, oltre a essere egli stesso appassionato di auto d’epoca, rappresenta una sorta di deposito di ricordi d’infanzia legati al padre.

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Le concorrenti, all’epoca, erano l’Alfa Romeo 1900, le Fiat 1800, 2100 e 2300, le Ford Zephyr e Zodiac, la Lancia Flaminia, la Lancia Flavia e l’Opel Kapitän. Ciò che più colpì i visitatori del Salone di Parigi fu la sua linea, anticonformista, innovativa, allungata, con linee tese all’indietro, con la coda corta e rastremata e le ruote posteriori carenate. Quel design tanto sorprendente, tuttavia, derivava, oltre che dalla creatività, dalla necessità di soddisfare le esigenze dei progettisti, i quali volevano una vettura dotata di un ottimo coefficiente di penetrazione aerodinamica. Inizialmente la DS presentava gruppi ottici circolari senza carenature, che compariranno nel 1967 con l’arrivo della seconda serie. Lateralmente appare slanciata, grazie alla linea di cintura non molto alta, che lascia spazio a superfici vetrate piuttosto ampie, ma anche ai passaruota posteriori semicarenati, soluzione adottata qualche anno prima sulla 2CV. I piccoli fari circolari della coda del primo modello vennero sostituiti da fari rettangolari in occasione del restyling, mentre gli indicatori di direzione erano situati sopra i montanti posteriori, nell’angolo in alto, in corrispondenza del tetto.

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Internamente, il volante era munito di un’unica razza, una scelta dovuta alla sicurezza, in quanto riduceva il rischio di danni al torace in caso di urto frontale. Il cruscotto era composto da tachimetro e contachilometri, ma mancava il contagiri, poi aggiunto. Completavano la strumentazione l’indicatore del livello carburante, l’amperometro, la spia dei fari, quella degli indicatori di direzione, quella di insufficiente pressione dei freni e l’orologio. Il tergicristallo poteva essere azionato manualmente e una catenella a lato della frizione, attraverso una tendina, permetteva di proteggere il radiatore dal gelo.

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La più innovativa delle soluzioni meccaniche della DS è costituita dalle sospensioni oleopneumatiche, a ruote indipendenti con quadrilateri, che permettono di mantenere costante l’altezza da terra della vettura. Si tratta di quattro sfere di acciaio, una per ruota, riempite per metà di olio e per metà di azoto. Caricando molto la vettura o anche in caso di fondo stradale sconnesso, l’olio va a comprimere l’azoto nella metà superiore della sfera e ciò permette un’ottima azione ammortizzante. L’autolivellamento del corpo vettura avviene tramite una pompa che aumenta o diminuisce la lunghezza della colonna d’olio. L’anno successivo al lancio, tale dispositivo poteva anche essere regolato manualmente su 5 posizioni, arrivando a un’altezza che permetteva la sostituzione di una gomma bucata senza l’ausilio di un cric, grazie al fatto che la DS è autolivellante. Il circuito idraulico delle sospensioni idropneumatiche, serviva anche per il funzionamento del servofreno, del servosterzo, della frizione idraulica e del cambio. Questi ultimi facevano parte del sofisticato sistema di trasmissione semiautomatica, che non prevedeva alcun pedale della frizione.

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Quanto all’unità motrice, la prima DS montava un quattro cilindri in linea di 1911 cc che erogava 75 CV a 4500 giri/minuto, aveva la trazione anteriore e il cambio a 4 velocità. Raggiungeva i 140 km/h, era lunga 4800 mm e pesava 1125 kg. Nella versione del 1961 la potenza passava a 83 CV e la velocità era di 150 km/h. Nel 1963 era possibile ordinarla con il cambio meccanico, mentre nel 1966 la cilindrata era passata a 1985 cc, la potenza a 90 CV a 5250 giri/minuto, mentre la versione Pallas, immessa sul mercato proprio in quell’anno, era spinta da un propulsore di 2175 cc con 109 CV a 5500 giri/minuto e arrivava a 175 km/h. Il peso era salito a 1295 kg. Nel 1970 sulla DS 21 veniva aggiunta l’iniezione elettronica. L’ultima evoluzione, nel 1973, DS 23, era dotata di un motopropulsore di 2347 cc con 141 CV e arrivava alla velocità massima di 188 km/h. Pesava 1340 kg, decisamente pochi se si pensa alle vetture moderne. Quest’ultima versione è quella inpiegata nel servizio ed è la più ambita dai collezionisti, ma Pallas a parte, le DS sono entrate tutte nella leggenda in quanto rappresentano un passo significativo nella storia dell’automobile.

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Sperangelo Bandera

Sperangelo Bandera

Giornalista professionista, per 18 anni corrispondente del Corriere della Sera, oggi è Vice direttore di AutoCapital. Mosso dalla passione in tutto ciò che fa, scrive e descrive solo le automobili che guida per amore: conta forse altro nella vita?

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