La gita scolastica, nella primavera del 1960, organizzata dal liceo “Manin” di Cremona non aveva avuto una grande partecipazione. Vi avevano aderito soltanto quattro studenti della seconda A e tre studentesse della seconda B, sezione all’epoca esclusivamente femminile. L’aveva promossa l’insegnante di storia dell’arte, la quale per due mesi aveva illustrato il programma nelle varie classi. Alla fine della spiegazione, ricordava i punti chiave: visita a Firenze, durata quattro giorni, mezzo di trasporto il treno.

I maschi furono ospitati in un albergo di via Nazionale, mentre le ragazze e l’insegnante alloggiavano nei pressi di ponte Vecchio. Con la scusa che l’hotel era lontano dal centro della città e dai principali monumenti, era balenata l’idea al gruppetto maschile di prendere a nolo un’auto, dato che uno di loro, respinto a giugno in prima liceo, aveva compiuto 18 anni ed era in possesso della patente di guida.

Al primo appuntamento, in piazza della Signoria, l’insegnante, arrivata con l’autobus insieme alle ragazze, fu molto sorpresa vedendo arrivare la Fiat 1100/103 grigia con a bordo i suoi studenti, ma non disse e non chiese nulla. La scena veniva replicata davanti all’ingresso di ognuno dei luoghi da visitare previsti dal programma: l’insegnante e le studentesse lì in piedi in attesa e l’arrivo rombante della “millecento”. Terminata la visita, grazie e arrivederci.

I quattro giovani ripartivano in macchina mentre l’insegnante e le ragazze si dirigevano a piedi alla fermata dell’autobus. Nei giorni successivi, man mano che si succedevano gli incontri, l’atmosfera diventava sempre più carica di tensione. L’umore dell’insegnante si andava incupendo e quando i quattro scendevano dall’auto sul gruppetto calava il gelo, che tuttavia non intaccava l’umore degli studenti motorizzati, i quali continuavano a comportarsi come se la situazione fosse del tutto normale. Del resto, come potevano non essere allegri dei ragazzi che si trovavano lontano dal controllo dei genitori, in una città che non era la loro, dove non erano conosciuti, con un’auto a disposizione e con abbastanza soldi in tasca?

Nel tempo libero dalle visite guidate dalla professoressa, cioè gran parte del pomeriggio, la “millecento” usciva da Firenze diretta verso località ricche di attrattive culturali, come San Gimignano, Siena o Volterra non tanto per amore del sapere quanto per scorrazzare in piena libertà, assaggiare le specialità locali, ridere e scherzare. I compagni di merenda non si arrendevano alla fatica e alla sera, rientrati in città, dopo la tradizionale costata alla fiorentina che era il piatto forte della cena consumata nel ristorante “Buca Lapi”, avevano inizio i caroselli per le vie della città alla ricerca di conoscenze femminili. Un obiettivo mai centrato, per due motivi. Il primo era la mancanza assoluta di ragazze lungo le vie cittadine nelle ore serali. Iniziavano gli anni Sessanta e le donne non godevano certo dei diritti degli uomini. L’etica di allora imponeva alle ragazze il rientro a casa al calar del buio. In secondo luogo, sempre per ragioni di buona creanza, non avrebbero mai risposto agli inviti di giovanotti protesi dal finestrino della macchina.

Era arrivata l’ultima sera prima del rientro, quando i fari della vettura all’improvviso illuminano sagome femminili e chiari inviti. Come avrebbero potuto non aderire? A turno, sulla macchina di lei parcheggiata nell’ombra, venne consumato il rito più antico con l’incoscienza e la sete di esperienze tipiche della giovinezza. Non poteva esserci una sera più appagante. L’indomani, l’ultimo appuntamento culturale con la professoressa e le compagne di scuola. Il solito arrivo rombante, la crescente freddezza dell’insegnante.

Risultato? Tutti e quattro rimandati a ottobre con un solo esame: storia dell’arte.

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Sperangelo Bandera

Sperangelo Bandera

Giornalista professionista, per 18 anni corrispondente del Corriere della Sera, oggi è Vice direttore di AutoCapital. Mosso dalla passione in tutto ciò che fa, scrive e descrive solo le automobili che guida per amore: conta forse altro nella vita?

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