Lo strano destino di una Fiat Abarth 1000 OT coupé. Ha fatto gola ai ladri, è stata rubata a Torino, ritrovata senza il motore, rivenduta in modo truffaldino, finita nelle aule di giustizia, ma alla fine è ridiventata onesta fino a quando in un tamponamento a catena è andata distrutta. Però ha risarcito guidatore e passeggero salvandogli la vita

Alle nove di sera di quel lontano 23 maggio 1965 i viali del Valentino, il celebre parco che a Torino digrada fin sulla riva destra del Po, non erano molto frequentati. Qualche auto in sosta davanti all’entrata del Palazzo del Ghiaccio, un gruppetto di “trans” già al lavoro. Si ferma una Fiat Abarth 1000 OT coupé. Scende uno studente di medicina e sparisce dietro il cancellino della splendida villa situata al numero 1 di via Chiabrera. Ne esce una ventina di minuti dopo: l’auto è sparita. Lo prese un colpo. Quell’Abarth, curata come solo un patito può fare, accessoriata col sedile di guida anatomico, il roll bar, le carreggiate allargate con i distanziali, l’assetto, lo scarico speciale, il volante “Nardi” di legno e a tre razze, non c’era più. Un incubo o l’amara realtà? Soltanto dopo, davanti al carabiniere che raccoglieva la denuncia del furto in lui si fece strada la condapevolezza che la sua auto era stata rubata.
Di fronte a tanta sfortuna, i genitori del ragazzo, qualche giorno dopo, cedettero alle sue pressanti richieste di un’auto nuova. La scelta cadde su una Fiat 124 Special e sul colore verde: una berlina per famiglie, che la partecipazione ai rally aveva reso appetibile anche ai giovani. Dall’incubo alla realizzazione di un nuovo sogno il passo fu breve e dopo meno di una settimana l’Abarth era stata scordata e il giovanotto vedeva nuovi orizzonti attraverso il parabrezza della brillante auto torinese. Ma non era stata dimenticata dai carabinieri, i quali la ritrovarono nel mezzo di un campo non lontano dall’abitato di Moncalieri ancora abbastanza intatta, ma senza il motore. Meno male che non c’è, pensò il ragazzo, altrimenti non mi avrebbero comperato la macchina nuova.
Che fine fece il coupé dell’Abarth? Venne venduto a un salonista, il quale montò un motore d’occasione della Fiat 850 coupé e, forte del libretto di circolazione in cui era scritto che si trattava di un’Abarth, la rivendette assicurando il cliente che quell’esemplare era uscito dallo stabilimento di Corso Marche, dove appunto ha sede ancora oggi l’azienda che trasformava le utilitarie Fiat in piccoli bolidi. Ma il nuovo acquirente, che aveva desiderato da sempre possedere un’Abarth e che era tutt’altro che sprovveduto in fatto di motori, ben presto si accorse dell’inganno e si rivolse al tribunale perché sentenziasse di restituirla al salonista e di riottenere la somma pagata.
Non fu difficile far prevalere la giustizia, ma le tribolazioni legate alla compravendita di quell’auto non erano finite. Venne messa di nuovo in vendita col motore della 850 coupé, senza trucchi. Ma ecco un altro colpo di scena. Ben presto il secondo intestatario rimandò la vettura al venditore su di un carro-attrezzi: aveva fuso il motore dopo soli 356 km. Altra grana e altri litigi, fino a che venne raggiunto l’accordo tra le parti secondo cui sarebbe stato montato un motore nuovo. Pace fu fatta. Ma il tribolato cammino non era ancora giunto al capolinea. Vi arrivò nell’autunno successivo, quando venne distrutta in seguito a un tamponamento a catena tra centinaia di veicoli causato dalla fitta nebbia lungo l’Autostrada del Sole, tra Modena e Reggio Emilia. Ma, dopo tanta iella, fece capolino la fortuna. Gli occupanti uscirono da quel groviglio di lamiere senza neppure un graffio

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Sperangelo Bandera

Sperangelo Bandera

Giornalista professionista, per 18 anni corrispondente del Corriere della Sera, oggi è Vice direttore di AutoCapital. Mosso dalla passione in tutto ciò che fa, scrive e descrive solo le automobili che guida per amore: conta forse altro nella vita?