Riconoscibile a prima vista per l’enorme alettone, più grande e alto rispetto a quello della sorella Esprit con motore di 2,2 litri, la Lotus Esprit 2.0 Turbo Intercooler rimaneva per il resto del tutto simile esteticamente alla versione aspirata con le linee tese disegnate da Giugiaro che si ispiravano alle supercar degli anni ‘70. Dalla prova, pubblicata su AutoCapital nell’agosto del 1992, emergono alcune contraddizioni: “è infatti contorta l’idea d’una Gt con motore 2 litri, che però ha 243 cavalli, eppure ha solo quattro cilindri, ma costa 107 milioni pur con l’IVA al 19% (ah, bei tempi – ndr), che ricopre quasi 8 metri quadrati di superfice stradale pur ospitando solo due esseri umani privi di guardaroba da media soirée e possibilmente di dimensioni medie”. Ma anche viene messa in luce l’ottima guidabilità della vettura di Hethel e il pieno controllo che permette al pilota: “è difficile mettere in crisi l’Esprit: l’ideale distribuzione dei pesi e il grip dei larghi pneumatici permettono di sfruttare a fondo i 243 CV del motore”. Riscopriamola nelle prossime pagine.


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