205 auto in gara, più di 30mila spettatori per un week-end da sogno nel segno della nostalgia per le monoposto che avevano un’anima

È l’evento dell’anno per chi ama le monoposto storiche: e lo è tanto per i piloti quanto per gli spettatori, che nel weekend di gara si assiepano sulle tribune in almeno 30mila. Per chi ha almeno cinquant’anni e ha visto questi bolidi in azione negli anni in cui disputavano il Campionato del Mondo di Formula 1 (ma anche nelle serie minori, come la Formula Junior) quello del Grand Prix Monaco Historique è un fine settimana da brividi, con 205 auto in gara suddivise in otto macro-categorie che danno vita ad altrettante corse, ciascuna con un vincitore.

I professionisti che hanno fatto la storia dell’automobilismo sportivo e i gentleman driver abili a investire i propri risparmi in oggetti della passione che mettono impunemente a rischio tra i guard rail e i cordoli del circuito più glamour del mondo hanno dato vita anche quest’anno a uno spettacolo multicolore e ricco di emozioni, nel quale i protagonisti sono i piloti ma anche e, forse, soprattutto le monoposto. Tutte diverse tra loro, tutte colorate in un modo che ha fatto storia. Altro che le Formula 1 di oggi, disegnate al computer in funzione di regolamenti per lo meno discutibili e tutte uguali tra loro per evidenti ragioni aerodinamiche e tecniche.

La categoria più veloce è stata, come era ampiamente prevedibile, quella riservata alle Formula 1 del periodo 1973-1976: Alex Caffi, neppure un podio nella sua carriera in F.1, vince al volante della Ensign N176 davanti a Kubota su Mach 701 e a Twynam su Uop Shadow DN8 del 1976. Appena giù dal podio Emanuele Pirro, brand ambassador Audi con licenza di correre a Monte-Carlo su Ferrari, una splendida 312 B3. A colpire chi è stato nel Principato nei giorni del Grand Prix Historique è la quantità di bolidi del Cavallino Rampante, molti dei quali rimessi a nuovo da Ferrari Corse Clienti: fa impressione vederne così tante, tutte assieme. Franco Meiners porta in gara la 312 B3 dotata dell’inconfondibile musetto cui dovrà il soprannome “Spazzaneve”, Paolo Barilla guida una 312 B del 1970, Giancarlo Casoli una 312 T del 1975, l’auto e l’anno del ritorno all’iride della Casa di Maranello.

Nella mescolanza di periodi sorprende la contemporanea presenza delle monoposto dotate di snorkel e di quelle sprovviste della presa d’aria a periscopio, bandita dal Mondiale di Formula 1 dal Gran Premio di Spagna del 1976. I campioni del passato più avanti con gli anni sono riconoscibili nel paddock: c’è Sir Stirling Moss, con il bastone d’ordinanza, sempre signorile nel suo firmare autografi, c’è Jochen Mass, uomo Mercedes-Benz. In pista ci sono anche i protagonisti della Formula 1 di oggi, come Adrian Newey, progettista di tante Williams e Red Bull iridate: al volante della sua Lotus 49B sembra però meno efficace. E tra i piloti-amatori italiani si mette in luce Bruno Ferrari, ormai habitué della gara monegasca alla quale si prepara meticolosamente per un anno intero, autore di una spettacolare rimonta dalla 26a posizione in griglia all’8° posto finale. Il gentleman bresciano, alla guida di una March 701 ex-Peterson, ha realizzato, con l’aiuto dei suoi validi meccanici, un piccolo-grande miracolo, facendo fronte in extremis ai problemi alla pompa di benzina manifestati dal motore Cosworth DFV di 3 litri di cilindrata.

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