Per risparmiare al proprietario i costi di una nuova immatricolazione in Belgio Enzo Ferrari consentì di rinumerare il telaio di questa 250 GT passo lungo Tour de France, replicando quella della prima vettura del suo cliente. Oggi la 0805 GT, poi divenuta 0619 GT, è una delle più desiderabili e costose vetture storiche del Cavallino Rampante

Tra le Ferrari dal maggior valore collezionistico, la 250 GT Tour de France è certamente una delle più desiderate al mondo, sia per lo stile molto personale della carrozzeria in alluminio, disegnata da Pininfarina e modellata dai battilastra di Scaglietti, sia per l’eccezionale palmares sportivo e per il valore storico di questo modello che ha fatto epoca, al punto da prendere nome da una delle gare in cui è risultato vincitore in modo più risoluto. Difficilmente le Tour de France cambiano proprietario in questi tempi, sia per il valore quasi inestimabile (attorno ai 30 milioni di euro) sia per la rarità del modello sia per la riservatezza con cui le trattative vengono gestite. Nel caso dell’esemplare del servizio, RM Sothebys ha battuto all’asta la vettura durante la vendita all’incanto del 12 marzo in Arizona ma senza raggiungere il valore di stima, così che questo straordinario esemplare del Cavallino Rampante non ha cambiato proprietario.

Premesso che vetture come questa, nate di fatto per le competizioni (in circuito o in salita), venivano assemblate una a una come esemplari unici differenti in più particolari l’uno dell’altro, la 250 GT Tour de France adotta il 12 cilindri 3 litri (2953 cc) monoalbero per bancata, alimentato da tre carburatori Weber 36 DCL3 e accoppiato a un cambio manuale a 4 rapporti. La potenza massima è di circa 260 CV. Le sospensioni anteriori sono a ruote indipendenti con braccetti asimmetrici e molle elicoidali, quelle posteriori sono ad assale rigido con balestre semiellittiche e ammortizzatori idraulici Houdaille; l’impianto frenante impiega quattro tamburi. Curiosamente, tra la documentazione fornita con la vettura è stato rinvenuto un carteggio relativo alle prove al banco eseguite in fabbrica prima della consegna che testimonia una potenza effettiva misurata al banco dinamometrico pari a 247,9 CV a 6800 giri/minuto, corretti in seguito a 253 CV a 7200 giri/minuto.

Non è certamente solo questo il motivo che rende così preziosa la Tour de France con telaio 0805 GT (rinumerato per ragioni fiscali 0619 GT, lo stesso numero di un’altra Tour de France finita distrutta in un incidente di gara): c’è un palmares eccezionale, che comprende partecipazioni al Tour de France Auto, alla 1000 Chilometri di Spa-Francorchamps, alla 1000 Chilometri di Monza, alle gare titolate di Reims e Montlhéry, c’è una fedeltà esemplare del suo ultimo proprietario, che ha custodito l’auto per 41 anni, c’è un restauro pluriennale seguito da una serie di partecipazioni, cariche di gloria, a concorsi d’eleganza, gare di regolarità e raduni del Ferrari Club of America, ci sono le condizioni di totale originalità, espresse dalla formula “matching numbers”, c’è una nobiltà complessiva che permette all’auto di partecipare ai più importanti eventi per auto d’epoca in tutto il mondo.

La storia della Ferrari 250 GT Tour de France nasce nel 1956, quando Alfonso de Portago vinse la classifica assoluta del Tour de France Auto al volante di una 250 GT LWB Berlinetta. Questo successo, cui fecero seguito tre vittorie consecutive del belga Olivier Gendebien nel 1957, 1958 e 1959 con un’auto strettamente derivata dalla Berlinetta Passo Lungo, fece sì che l’auto si guadagnò il nomignolo di Tour de France. Essa vinse più o meno dappertutto, al punto da diventare la Ferrari più vittoriosa dopo la 250 GTO e davanti addirittura alla 250 GT SWB, che da parte sua gode di una fama almeno equivalente a quella della Tour de France.

Il telaio originariamente siglato 0805 GT fu venduto a Pierre Noblet, un industriale francese residente a Roubaix e ben noto a Enzo Ferrari per le sue doti di pilota, esperto e vincente già con la sua prima Tour de France (telaio 0619 GT). La stima del Drake per Noblet portò alla rinumerazione del telaio della vettura di questo servizio per evitare una tassazione più elevata, quella applicata alle auto nuove, rispetto a quella prevista per le parti di ricambio. Noblet, che talvolta correva con lo pseudonimo di “Pertin”, partecipò tra il 1958 e il 1960 ad almeno dieci gare di valore internazionale con la sua seconda 250 GT LWB Tour de France, ottenendo il terzo posto assoluto alla 12 Ore di Reims del 1958 e alla Coppa Sant’Ambroeus e alla Coppa Intereuropa disputate a Monza nel 1959 e il quarto assoluto al Gran Premio Lotteria di Monza 1959, oltre a due secondi assoluti alla Coppa Linas – Montlhéry nel 1958 e 1959. Sovente Noblet seppe prevalere su piloti ufficiali, sia della Ferrari sia di altre Case costruttrici. Noblet vendette la sua Tour de France al parigino Georges Lafond alla fine del 1960 e a questo punto inizia una serie di passaggi di proprietà culminati con l’acquisto dell’auto nel 1975 da parte di Wayne Sparling, un tecnico della scuderia fondata da Luigi Chinetti, importatore Ferrari per gli USA, la NART (North American Racing Team).

Sparling, che di fatto era un eccellente meccanico tuttofare in seno alla NART, maturò una competenza straordinaria sui motori Ferrari lavorando dal 1966 al 1985 per la scuderia nordamericana, cosicché gli fu possibile restaurare e riparare personalmente la Tour de France. Quando partecipa ai raduni, anche i più difficili, come il North Carolina Highland Classic Rally, o a concorsi d’eleganza come il Palm Beach Cavallino Classic, e questo inizia ad accadere con il nuovo secolo, a restauro ultimato, Sparling non si fa mai seguire da una vettura di assistenza. Spiega infatti che un motore V12 Ferrari ben conservato e manutenuto non si rompe mai e, se succede qualcosa, è pur sempre possibile aggiustarlo con gli attrezzi che lui tiene di solito in auto.

Chi dovesse acquistare in futuro questa vettura e non fosse competente quanto Wayne Sparling farebbe bene comunque ad assicurarsi le prestazioni di uno specialista, visto il valore dell’auto. Per i collezionisti Ferrari, un’auto come questa, forse l’ultima a prestarsi contemporaneamente all’uso stradale tanto quanto all’impiego agonistico, rappresenta un punto d’arrivo fors’anche di una vita.

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