I cambiamenti che caratterizzano il fluire delle epoche, determinati da nuove scoperte della tecnologia, dall’evoluzione della società e dal mutamento dei valori, hanno tolto all’automobile funzioni importanti o ritenute tali dall’opinione collettiva. Quando le auto in circolazione erano poche e a chi ne possedeva un esemplare venivano attribuiti prestigio e benessere, era diffusa convinzione che l’automobile favorisse la conquista sentimentale. Non soltanto per il fatto che permetteva alle coppie di appartarsi lungo stradine di campagna per le rituali effusioni, ma soprattutto in quanto era il mezzo giusto per affrontare la fase piuttosto complessa dell’iniziale conoscenza della ragazza.

L’invito a un giretto in macchina non veniva quasi mai rifiutato per l’interesse che l’auto suscitava nelle rappresentanti del gentil sesso, non tanto per il fascino della guida ma per le disponibilità economiche del guidatore. Quando, all’uscita da una festa privata o da una sala da ballo, si offrivano passaggi, chi aveva la macchina sbaragliava la concorrenza in quanto le alternative erano la canna della bicicletta oppure l’accompagnamento a piedi fino a casa. Ma la gestione del passaggio in auto, una volta accettato, non era priva di complicazioni. Il dubbio era: raggiungere l’indirizzo della ragazza direttamente oppure prenderla alla lunga, puntando verso la campagna? In entrambi i casi bisognava tenere pronta una risposta strategica. Se l’imperativo era: “portami a casa!”, una volta arrivati sull’uscio era necessario scendere per aprirle la portiera perché si riteneva che con quella gentilezza il suo animo sarebbe stato bendisposto a un nuovo incontro; se, invece, lei si lasciava condurre oltre la periferia senza fiatare, quando si spegneva il motore al limitare di un terreno agricolo isolato, nasceva un forte imbarazzo.

Che fare? Allungare una mano? Tirarla a sé in un abbraccio e tentare un bacio? E quali complicazioni ne sarebbe nate? Se avesse reagito male, con la frase: “per chi mi hai preso?”, sarebbe stato compromesso ogni futuro rapporto. Restare inerte e ripartire verso casa equivaleva fare la figura dell’incapace, il che avrebbe certamento posto fine agli incontri futuri. Cedere al linguaggio dei gesti, posando sbadatamente la mano su una parte neutrale del corpo, come la spalla o il braccio? Non c’era via d’uscita, ogni mossa poteva scatenare una reazione contraria.

Gli anni Cinquanta volgevano al termine e, all’epoca, l’educazione che veniva impartita alle ragazze aveva come punto focale la custodia della verginità fino al matrimonio, condizione indispensabile per trovare marito. Non esisteva, tra i sessi, il termine “avventura” e l’emancipazione della donna era lontana. Ognuna doveva sembrare la brava ragazza e al giovane erano richieste pazienza e costanza prima di ottenere qualche deroga al principio dell’illibatezza. L’attesa era abbreviata dalla presenza dell’automobile, che, indispensabile per rompere il ghiaccio, una volta superate le titubanze diventava una sorta di cella d’isolamento a due.

Oggi è stata sostitutita dalla più comoda camera di un motel, dove si possono trascorrere momenti di intimità, essendo sparito l’imbarazzo femminile di mostrare l’identità. All’epoca, c’era sì il cosiddetto albergo a ore, ma quanta differenza! Aveva fama di incontri prezzolati e nessuna ragazza per bene vi sarebbe mai entrata. Anzi, la solo proposta era ritenuta una grave offesa al suo onore. L’automobile ha definitivamente perduto il ruolo di galeotta di storie d’amore e di ciò tengono conto anche i costruttori. Nella morfologia degli interni delle vetture di oggi il copritunnel e i sedili avvolgenti impediscono qualsiasi manovra di avvicinamento. All’epoca, il sedile anteriore era un divano e, tra gli occupanti, non esisteva alcuna barriera divisoria.

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Sperangelo Bandera

Sperangelo Bandera

Giornalista professionista, per 18 anni corrispondente del Corriere della Sera, oggi è Vice direttore di AutoCapital. Mosso dalla passione in tutto ciò che fa, scrive e descrive solo le automobili che guida per amore: conta forse altro nella vita?

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