Che cosa c’è di più attraente ancora che guidare l’Aventador SV, l’ultima supercar nata in casa Lamborghini, su strada? Provarla in pista. Dove si può cercare l’emozione della velocità, delle accelerazioni, delle curve senza temere autovelox e Tutor e, soprattutto, al riparo dai rischi del traffico e degli utenti della strada. Non c’è bisogno di essere pilota. Sulla pista di Misano, dedicata alla memoria di Marco Simoncelli, ognuno dei partecipanti (una trentina da tutto il mondo, compreso Nuova Zelanda e Giappone), ha saputo trarre da questa esperienza il massimo del piacere personale, a seconda delle proprie capacità di guidare una vettura con 750 CV di potenza e dall’indole corsaiola. L’appuntamento di Misano trova posto nel calendario dell’attività annuale della Accademia Lamborghini, con i suoi piloti in veste di istruttori. Il prossimo evento in settembre a Sentul, in Indonesia e poi negli USA sul Circuit of the Americas. Il corso è stato organizzato con tale precisione e professionalità che l’attesa tra un “esercizio” e l’altro è stata di pochi pochi minuti: si è guidata la Lamborghini con continuità dal mattino al tardo pomeriggio. Il primo contatto con la pista è soft, dato che a guidare è il pilota, in questo caso Fabio Babini, che non solo ha dimostrato di essere bravo in gara ma anche di saper illustrare con chiarezza (e pazienza) traiettorie, cambiate e le insidie del tracciato. Subito dopo è arrivato il momento della verità, col passeggero al volante e il pilota di fianco. La differenza è stata terribile. Veniva la voglia di fermarsi e stare a guardare una delle SV ferma nel padiglione allestito a fianco della corsia dei box. Bisogna, però, ripescare coraggio nel profondo e continuare a guidare, anche se il confronto non si riesce a dimenticare. E dopo, ecco i tre giri dietro la Safety car. Ma qui la tensione ha offuscato il confronto a causa di quel “dai e dai” per non perdere il contatto (e la faccia), mentre il pilota davanti a tutti teneva un’andatura che permetteva di mettere in pratica gli insegnamenti avuti dal pilota-istruttore. Terminata la prima sessione, lo slalom sembrava molto più alla portata. Prima dei birilli si doveva eseguire una frenata con cambiamento di direzione su fondo bagnato. Qui è stata la tecnologia della SV a venire in aiuto. L’impianto frenante in carboceramica e i sistemi di assistenza al guidatore hanno rimediato a ogni errore. Ma dopo qualche passaggio, l’esercizio ha avuto il voto di sufficienza da parte di Babini, sempre prodigo di consigli. Si sono imparate più cose in quei pochi minuti che in anni di guida solitaria. Il morale si è risollevato, anche grazie agli incoraggiamenti dell’insegnante, e l’autostima è aumentata, con convinzioni piuttosto avventate, come “in fondo non è poi tanto difficile da guidare questa supercar”, dimenticando l’apporto dei sistemi tecnologici di cui è dotata. Ma è poco dopo riaffiorata una sgradita constatazione: dove il comune guidatore, anche se esperto, può spingere la vettura, da lì parte l’abilità del pilota e solo alla frusta la SV riesce a mostrare quel che vale. Poi si è tornati in pista e qui la situazione si è di nuovo ingarbugliata. Ma questa curva la si è imparata, quella traiettoria pure e, sepolti i complessi di inferiorità, si è tornati ad avere fiducia in se stessi. Sul breve rettilineo c’è stato il tempo per dare un’occhiata al tachimetro: 204 km/h! E subito una semicurva che si fa sfiorando il pedale del freno. La velocità raggiunta è stata come una flebo di fiducia. Una breve pausa pranzo e subito è arrivata la parte più impegnativa. Soli, dietro la Safety car, con il pilota che ti fa allungare il collo, sempre pronto a scapparti via. Tre giri con lo scomodo testimone costituito dalla telemetria. Ogni errore è stato smascherato e documentato, senza pietà. Poi la fase conclusiva e, come se non bastasse la telemetria, c’è stato il percorso rallistico, delimitato dai birilli, e (purtroppo) cronometrato. Ma alla fine, la SV, il mostro da oltre 350 km/h, è diventato familiare. Il cronometro ha dato un responso insperato e, a seduta appena conclusa, è affiorato il rimpianto di un giorno speciale.

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Alberto Franzoni

Alberto Franzoni

Direttore responsabile del mensile AutoCapital che accompagna dal 2002, l'anno della sua rinascita, con orgoglio e piacere. La corsa continua, con gli occhi aperti sul mondo che cambia e le radici piantate nel glorioso passato di un mensile che ha fatto la storia dell'automobilismo in Italia.

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